Le divergenze tra i produttori di petrolio
Qualche tempo fa abbiamo parlato di una riunione dell'Opec, piuttosto burrascosa, con l'obiettivo di decidere o meno un taglio nella produzione di petrolio, ma le divergenze tra l'Arabia Saudita, contraria ad intraprendere nuove iniziative in tal senso, e l'Iran, hanno portato ad un nulla di fatto.
I tagli alla spesa pubblica
La posizione saudita, in effetti, è piuttosto contraddittoria. Da un lato è favorevole a tenere basso il prezzo del greggio, in modo da colpire la produzione americana, dall'altro, benchè abbia sicuramente differenziato la propria economia da diversi anni a questa parte, subisce comunque un danno economico non da poco dalla situazione attuale, con tanto di tagli ai dipendenti pubblici e al walfare, cosa mai vista in precedenza. Per non parlare del deficit pubblico, che l'anno scorso ha toccato i 97 miliardi di dollari, vale a dire il 15% del Pil. Nel 2016 si parla di 87 miliardi, il 13,5% del Pil.
La prima volta
Ed ecco che arriva la prima emissione sul mercato internazionale della monarchia del Golfo, con un'obbligazione mirata a portare 17,5 miliardi di dollari nelle casse di Riyad. Il premio pagato per la scadenza a 5 anni (ISIN XS1508675334), superiore di ben 160 punti base all'equivalente T-bond statunitense, con un rendimento del 2,375%, è di tutto rispetto, e convince naturalmente tutti gli analisti. Ma non è finita. I punti di differenza rispetto al titolo equivalente Usa salgono a 185 nel caso della scadenza a 10 anni (ISIN XS1508675417), e un interesse del 3,25%, e a 235 se guardiamo al bond a 30 anni (ISIN XS1508675508), con un premio del 4,50%. Niente male, anche se va detto che una forte richiesta, come si prevede, potrebbe portare a limare un po' i premi. In effetti, comunque, la garanzia saudita è di tutto rispetto, siamo sinceri, quindi è normale che questa emissione abbia suscitato tanto interesse e generato una grande attenzione da parte del mercato. Le tre obbligazione sono quotate presso la borsa del Lussemburgo e pagano interessi semestrali, esattamente il giorno 26 di aprile ed ottobre. Il taglio minimo di negoziazione è di ben 200.000 dollari americani, con la possibilità di aggiungere tagli da 1.000 dollari l'uno. Infine il rating: A- per Standard & Poor's e A1 per Moody's
Non è finita
E non è tutto. Si parla anche di una collocazione in borsa del 5% di Aramco, la compagnia petrolifera nazionale. Un'operazione che potrebbe portare nelle casse di Riyad una cifra vicina ai 100 miliardi di dollari. Insomma, i sauditi mirano ad una raccolta generalizzata di risorse, di cui del resto hanno un grande bisogno.
L'inversione di marcia
A dimostrazione delle difficoltà che l'Arabia Saudita vive ormai da un paio d'anni, c'è quella della vera e propria inversione ad U sul taglio della produzione del petrolio rispetto a pochissimi mesi fa. Se, come abbiamo detto all'inizio, fino ad ora Riyad si era mostrata contraria, a differenza di Iran e Venezuela, adesso si parla di una sua apertura che potrebbe concretizzarsi nella prossima riunione Opec di novembre. Intanto però, è notizia di questi ultimi giorni, la produzione di greggio è a livelli record.